La Storia e le Battaglie

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Lannes, Jean (1769-1809)

Duca di Montebello, Maresciallo di Francia, nato a Lectoure (Gers) nel 1769; morto a Vienna nel 1809.

Segnalatosi nella campagna dei Pirenei orientali, era maggiore nel 1795 e l'anno seguente - nominalmente indicato da Bonaparte - partecipava alla campagna d'Italia. Il suo contegno al combattimento di Millesimo gli valse il comando di una mezza brigata. Dopo la battaglia di Bassano, nella quale s' impadronì di due bandiere nemiche, fu promosso generale. Intervenne, quantunque febbricitante e ferito in precedenti azioni, alla battaglia d' Arcole, perché informato che la lotta si trascinava indecisa; e per questo, fatto Bonaparte gli confidò il vessillo d'onore che il corpo legislativo offrì all'esercito d'Italia in segno di gratitudine per quella vittoria. Nel 1797 ebbe il comando delle operazioni nell'Italia centrale contro lo Stato Pontificio e ottenne sull'esercito papale la vittoria del Senio, rimanendo poi incaricato delle successive trattative diplomatiche col pontefice. 

Partecipò l'anno seguente alla campagna d'Oriente e a San Giovanni d' Acri fu promosso generale di divisione. Alla battaglia terrestre d'Abukir riportò gravi ferite. Fu del piccolo gruppo di alti ufficiali che Bonaparte, rimpatriando dall'Egitto, volle con sé. Figurò tra i più fervidi sostenitori del colpo di stato. Dopo il 18 brumaio ebbe il comando della guardia consolare. Comandante delle truppe d'avanguardia nella campagna del 1800 in Italia, conseguì la vittoria di Montebello che aprì a Bonaparte l'accesso alla piana di Alessandria da est. A Marengo sostenne la maggior parte del peso della battaglia. Compreso nel 1804 nella prima lista dei marescialli dell'impero, comandò nel 1805 l'avanguardia della Grande Armata. In questa e nelle successive campagne non fu battaglia dove egli non si trovasse a un posto di grande rischio e responsabilità e dove non si appalesasse la sua audacia trascinatrice, che ne fece il tipo dei generali d'avanguardia. Dopo la campagna del 1807 il Lannes fu creato duca di Montebello e inviato in Spagna, dove assediò e prese Saragozza. Riaccesasi la guerra nell'Europa centrale, prese parte brillantemente alla prima fase della campagna in Baviera. Alla battaglia d'Essling (22 maggio 1809) fu gravemente ferito alle due gambe. Sottoposto all'amputazione degli arti, soccombette dopo pochi giorni. La sua salma fu trasportata in Francia e sepolta al Pantheon di Parigi. Napoleone ebbe il Lannes in alto pregio, e ne sopportò con indulgenza i frequenti scatti di una franchezza troppo spesso rude.

Il suo figlio primogenito, Napoleon-Auguste percorse la carriera diplomatica, iniziandola quale addetto all'ambasciata di re Carlo X a Roma (allora retta da Chateaubriand) e terminandola - dopo avere per breve tempo tenuta anche la carica di ministro "degli Esteri sotto" Luigi Filippo - quale ambasciatore di Napoleone III alla corte di Pietroburgo.

fonte: Treccani Enciclopedia Italiana

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Ney, Michel (1769-1815)

Duca d'Elchingen, principe della Moscova, maresciallo di Francia, nato a Sarrelouis il 10 gennaio 1769, fucilato a Parigi il 7 dicembre 1815 .

Di modeste origini, insofferente di vita sedentaria, abbandonò lo studio di notaio presso il quale era scrivano e si arruolò diciottenne in un reggimento di ussari regi. Scoppiata la rivoluzione e passato al nuovo regime, conquistò le spalline di ufficiale durante la guerra del 1792. Due anni dopo, avendo condotto brillantemente in guerra gruppi di squadroni, fu promosso colonnello di cavalleria. Nel 1797 raggiunse il generalato, continuando a distinguersi come capo di grande audacia. Dopo Hohenlinden (1800) fu inviato dal Primo Console a Berna, con una missione diplomatica ch'egli assolse con pieno successo. Nel 1803 comandante di corpo d'armata, fu l'anno seguente compreso da Napoleone nella prima lista dei marescialli dell'impero. Partecipò coprendosi di gloria, alle campagne di Germania e di Polonia (1805, 1806, 1807) e nel 1808 fu nominato duca d'Elchingen e inviato alla guerra di Spagna in sottordine ad A. Masséna. Il disaccordo manifestatosi fra i due grandi capi, obbligò l'imperatore a richiamare il Ney.

 Ebbe il comando di un corpo della Grande Armata durante la campagna di Russia; alle sue qualità di audace manovratore furono principalmente dovute le vittorie di Smolensk e della Moscova. Durante la disastrosa ritirata il Ney si prodigò in azioni di retroguardia, riuscendo a evitare il completo sfacelo dell'esercito. Alla fine della campagna ebbe il titolo di principe della Moscova. Fu instancabilmente alla testa delle sue truppe durante le successive campagne di Germania (1813) e di Francia (1814). Aderì ai Borboni dopo l'abdicazione dell'imperatore, ma quando Napoleone riapparve, dall'isola d'Elba, sul suolo francese, il Ney dopo un momento di titubanza, eccitato da un invito rivoltogli per lettera dall’antico capo, si schierò dalla parte di questo e prese parte, al comando di un corpo d'armata, alla campagna del Belgio. Sul campo di Waterloo cercò invano la morte. Alla seconda restaurazione fu dai Borboni accusato di tradimento e sottoposto a un consiglio di guerra. Dichiaratosi, questo, incompetente, il Ney fu fatto comparire - come pari di Francia - dinnanzi alla Camera alta costituita in corte di giustizia, condannato a morte e fucilato. Sul luogo dell’esecuzione gli fu eretta poi una statua di bronzo.

fonte: Treccani Enciclopedia Italiana

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Bernadotte, Jean-Baptiste Jules (1763-1844)

(Pau, 26 gennaio 1763 – Stoccolma, 8 marzo 1844) fu un generale francese, poi maresciallo del Primo Impero francese, principe di Pontecorvo e quindi re di Svezia e di Norvegia come Carlo XIV di Svezia e Carlo III Giovanni di Norvegia.

Figlio di un avvocato, dopo aver ricevuto un'incompleta formazione come fattorino del tribunale, all'età di 17 anni gli muore il padre, per cui per necessità e per spirito d'avventura abbraccia la carriera militare, arruolandosi come semplice soldato nel 1780 nell'esercito del re di Francia. Combatte in India e viene ferito e fatto prigioniero dagli inglesi a Gondeloä nel corso di una guerra fra popolazioni locali. Al conflitto partecipano, appoggiando da parti opposte i contendenti con truppe e rifornimenti, Francia e Gran Bretagna. Allo scoppio della Rivoluzione Francese Bernadotte è ancora un sergente poichè, senza titolo nobiliare, non poteva aspirare a diventare ufficiale.

Nell'esercito repubblicano le regole cambiano e diventa ufficiale di carriera. Dopo essersi distinto nell'Armata del Reno ed in quella della Sambre e Meuse, viene proclamato sul campo di battaglia generale di brigata. Solo due mesi dopo viene promosso generale di divisione e combatte sotto Jourdan nella battaglia di Fleurus (26 giugno 1794). La Campagna d’Italia Incaricato di portare in Italia 20.000 uomini dell'armata della Sambre e Meuse a Napoleone Bonaparte, rivaleggia in ardore con il giovane generale còrso e sebbene provi per lui poca simpatia, sospettando i progetti ambiziosi di quest'ultimo, si sottomette al suo potere. Prende parte al passaggio del Tagliamento, s'impadronisce di Trieste, e dopo la campagna presenta al Direttorio le bandiere tolte al nemico. Dopo il 18 fruttidoro ottiene il comando di Marsiglia, ma a causa della ripugnanza che prova per le misure violente a seguito dei disordini in questa parte della Francia, rinuncia al posto e ritorna all'armata d'Italia. A febbraio 1798, dopo il Trattato di Campoformio, è inviato come ambasciatore francese a Vienna dove non brilla certo per doti diplomatiche. In particolare provoca delle manifestazioni ostili per aver inalberato la bandiera tricolore sul palazzo dell'ambasciata: non ricevendo le scuse ufficiali, lascia l'Austria ad aprile dello stesso anno. Il 17 agosto 1798 sposa Désirée Clary, ex fiamma di Napoleone Bonaparte, sorella di Marie-Julie Clary, che è la moglie di Giuseppe Bonaparte del quale diviene cognato ed entra così a far parte della "parentela" dello stesso Napoleone Assunto il comando dell'armata (1799), riceve l'ordine di passare il Reno per bloccare Philisbourg, ma i rovesci dell'armata francese in Italia ed in Germania lo costringono a rinunciare al piano. Nominato ministro della guerra dal 3 luglio al 14 settembre del 1799 grazie all'influenza di Barras cerca di ripristinare lo zelo delle armate francesi con misure drastiche e riorganizza in due mesi i servizi che si trovano in uno stato deplorevole. Egli ha già richiamato la vittoria sotto le sue bandiere quando viene scartato a causa di un intrigo di Sieyès: a torto o ragione gli vengono attribuiti molti fatti che provocano il malcontento e lo obbligano a dare le dimissioni poco prima del 18 brumaio. Si ritira quindi in campagna, sollecitato da Napoleone, non si pronuncia apertamente a favore del colpo di stato del 18 brumaio: la freddezza, che già era presente fra i due, si accresce. Egli è tuttavia trattato molto bene dal Bonaparte, essendo egli cognato del fratello Giuseppe Bonaparte. Entra nel Consiglio di Stato ed accetta il comando dell'armata della Vandea (1800): con le sue abili disposizioni riesce ad impedire lo sbarco dei britannici a Quiberon ed a ristabilire la tranquillità nel paese. Viene compromesso nella «cospirazione dei libelli», detta anche «cospirazione del pot de beurre» organizzata dal suo capo di stato maggiore generale Simon. Fouché soffoca lo scandalo, ma Bernadotte viene privato del comando. Dopo la pace di Lunéville viene nominato ambasciatore negli USA ma la ripresa delle ostilità gli impedisce di recarsi sul posto. Nel 1804 viene inviato ad Hannover come governatore generale e riceve il bastone di maresciallo dell'Impero al momento della prima creazione. Forma in questo paese un corpo d'armata alla testa del quale partecipa a molti fatti d'arme: Nella battaglia di Austerlitz comanda il I Corpo d'armata destinato al centro dello schieramento francese con l'incarico di far fronte agli assalti dei russi. Più volte i suoi interventi risultarono provvidenziali ai fini della vittoria francese. Il 5 giugno 1806 diviene principe di Pontecorvo. Quello stesso anno, nella campagna di Prussia, comanda il I Corpo d'armata ma nel giorno delle battaglie di Jena-Auerstadt (14 ottobre 1806) fa solo degli avanti-indietro tra i due campi di battaglia senza quasi parteciparvi, giustificando la sua condotta piuttosto debolmente con un presunto ed improbabile ritardo nel ricevere gli ordini dell'Imperatore. La sua condotta è tale che Napoleone sta per farlo fa tradurre dinnanzi ad un consiglio di guerra ma poi recede dal proposito[1] Napoleone dà ordine si suoi generali di incalzare i prussiani in rotta e Bernadotte si lancia all'inseguimento delle truppe in ritirata per cancellare la pessima figura di Jena-Auerstadt. Raggiunge le truppe prussiane del principe di Wurttemberg ad Halle (16 ottobre 1806), dà battaglia e li sconfigge duramente, quindi insegue i prussiani di Blücher fino a Lubecca (5 novembre 1806), ove parte delle truppe di Blücher che vi si sono rifugiate non riescono ad impedire la conquista della città da parte dei francesi di Bernadotte, nonostante questi si trovino in inferiorità numerica. Blücher, riparato nella vicina Ratkau con altri 10.000 prussiani, si arrende a Bernadotte. Questi cattura anche un'intera divisione svedese inviata a Lubecca da Gustavo IV di Svezia in aiuto agli alleati. Le truppe francesi, nonostante gli sforzi dei loro generali per impedirlo, si danno al saccheggio della città anseatica commettendo numerose atrocità contro i nemici arresi. In questo frangente Bernadotte si adopra instancabilmente per proteggere i vinti, in particolare ufficiali e truppe svedesi. Il suo comportamento in questo frangente sarà determinante per la scelta della sua persona come successore al trono di Carlo XIII di Svezia. In occasione della battaglia di Eylau (8 febbraio 1807) incorre in un secondo infortunio: i messaggeri incaricati di portargli gli ordini di Napoleone vengono catturati dai cosacchi per cui l'ignaro Bernadotte giunge in Eylau a battaglia terminata, scatenando nuovamente le ire dell'Imperatore che fa di lui il capro espiatorio della cattiva conclusione della battaglia. Il 5 giugno è ferito alla testa durante un combattimento sul fiume Passarge e questo fatto gli impedisce di partecipare alla battaglia di Friedland (14 giugno 1807). Dopo la guarigione viene nominato governatore delle città anseatiche ed è incaricato di agire contro gli svedesi ma sospende le ostilità quando apprende che una rivoluzione ha cacciato dal trono Gustavo IV Adolfo di Svezia, il solo ostile alla Francia (13 marzo 1808). Questa condotta leale gli concilia la stima degli svedesi ma pare desti il malcontento in Napoleone Bonaparte del quale contraria i progetti. Inoltre Napoleone lamenta che Bernadotte non ha brillato sui campi di battaglia: è stato molto inattivo ad Auerstadt ed è giunto in ritardo alla battaglia di Eylau, mentre in giugno si è lasciato "sfilare" sotto il naso il corpo di spedizione spagnolo del generale La Romana, imbarcato dagli inglesi a Gothemburg con il compito di portarli a combattere agli ordini di sir Arthur Wellesley nel sud della Spagna contro i francesi occupanti il paese. Dopo la pace di Tilsit comanda fino al 1809 l'armata d'occupazione della Germania settentrionale. Alla rottura dei rapporti fra Austria e Francia assume il comando dell'armata sassone composta in gran parte da sassoni. Nella battaglia di Wagram (5-6 luglio 1809) il primo giorno viene respinto dalle truppe austriache e si attesta nel villaggio di Aderklaa, una posizione strategica che il giorno successivo abbandona senza avvisare il comando. Napoleone, appena appreso il fatto, si infuria, ordina di mantenere la posizione a tutti i costi, ma Bernadotte, investito dalle truppe dell'arciduca, si trova a dover cercare di ricompattare le sue truppe disperse. In questo spostamento incontra casualmente l'Imperatore che lo destituisce seduta stante. È in piena disgrazia quando gli viene offerto il trono di Svezia. I suoi rapporti con Napoleone sono sempre stati difficili e persino ambigui. Pur ammirandone le grandi capacità militari, e nutrendo per lui persino dell'invidia, Bernadotte, rivoluzionario repubblicano della prim'ora, considerava Napoleone un dittatore ed un traditore della rivoluzione, avendo egli preso illegalmente il potere con il colpo di stato del 18 brumaio e poi per di più avendo ricostituito un potere di tipo monarchico. Egli non faceva mistero di questi sentimenti. Da parte sua Napoleone lo trattò in modo sorprendentemente benevolo dati gli eventi militari in cui Bernadotte si comportò in modo piuttosto scadente e data la sua palese ostilità alla politica imperiale

Di lui si narra l'aneddoto (per altro mai confermato) che durante tutto il suo regno non abbia mai permesso ad alcun medico di esaminargli il torso nudo. La spiegazione si sarebbe avuta dopo la sua morte, quando con la toeletta funebre fu scoperto un tatuaggio sul petto che diceva: «Morte ai Re», tatuaggio che si sarebbe fatto fare all'epoca degli ardori rivoluzionari giovanili. La dinastia dei Bernadotte è tutt'ora regnante in Svezia.

 

fonte: Wikipedia

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I Dipartimenti

La divisione della Francia in 85 Dipartimenti

Una delle idee chiave del governo rivoluzionario, che mira ad esautorare il controllo politico ed economico centrale e a restituire autonomia e libertà alle province, è fin dall'inizio la divisione del territorio francese in dipartimenti abbastanza piccoli da poter essere governati da assemblee provinciali e municipali relativamente autonome.

La vocazione di questa riforma è duplice: promuovere un modo di rappresentatività elettorale razionale ed egualitario e mettere le istituzioni alla portata dei cittadini favorendo la loro partecipazione alla vita politica. Il 29 settembre 1789 vengono creati 81 dipartimenti, sulla base della rappresentatività proporzionale, ognuno dei quali è suddiviso in nove distretti, a loro volta suddivisi in nove cantoni. Questa nuova carta subirà molte modifiche: nel 1791 i dipartimenti saranno 85.

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Evoluzione storica dei dipartimenti

Prima del 1790 la Francia era suddivisa in Province, e si deve alla Rivoluzione francese l'introduzione dei dipartimenti, con una legge del 22 dicembre 1789. Il loro numero esatto (all'epoca 83) e i loro confini furono fissati il 26 febbraio 1790 e la loro esistenza divenne effettiva il successivo 4 marzo. All'epoca ogni dipartimento aveva una sua assemblea, costituita da 36 membri eletti, che a loro volta designavano un presidente e un direttorio esecutivo permanente. I dipartimenti erano suddivisi in distretti, cantoni e comuni (communes). Potevano esserci sino a nove distretti in ogni dipartimento e sino a nove cantoni in ogni distretto.

Questa organizzazione mirava a rendere uniforme la struttura organizzativa della Francia, mantenendo le amministrazioni locali, ma eliminando le specificità che provenivano essenzialmente dai privilegi dell'aristocrazia locale.

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La Rivoluzione e l'Impero

A partire dal 1792, durante la Prima Repubblica e poi durante l'impero di Napoleone I, quando la Francia, in guerra contro tutti gli stati europei estese progressivamente il proprio territorio, le regioni annesse furono ugualmente organizzate in dipartimenti. Questo riguardò i territori delle odierne nazioni del Belgio e dei Paesi Bassi, la riva sinistra del Reno e le coste del Mare del Nord in Germania, una parte della Svizzera, il nord e il centro Italia. All'apogeo delle conquiste francesi esistevano 130 dipartimenti e città come Bruxelles, Amsterdam, Amburgo, Ginevra, Torino e Roma furono sedi di prefetture dell'Impero napoleonico.

Tutti i dipartimenti italiani seguirono le vicende storiche dell'Impero francese. La loro soppressione ed il ritorno ai relativi stati di antica appartenenza avvenne nei primi mesi del 1814 a seguito degli avvenimenti bellici che provocarono la sconfitta di Napoleone. Questi territori furono persi alla caduta di Napoleone nel 1814 (una parte della Savoia e altri territori solo nel 1815, dopo i cosiddetti Cento Giorni).

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Dipartimenti francesi d'Italia (départements conquis)

 La continua espansione dell'Impero francese ai primi dell'ottocento provocò in fasi successive acquisizioni di territori appartenenti ai vari stati in cui in quel tempo era suddivisa l'Italia. Detti territori divenuti a tutti gli effetti parte della Francia ne adottarono integralmente le leggi. Primo ad essere annesso fu lo stato piemontese con il decreto del 12 GERMINALE ANNO IX (2 aprile 1801).

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Piemonte e Dipartimento della Dora

Dopo Marengo il Piemonte tornò sotto la dominazione francese. L’8 giugno 1802 Carlo Emanuel IV abdicò a favore del fratello Vittorio Emanuele I, che per breve periodo, potè accarezzare la speranza che il Piemonte gli sarebbe stato restituito.

In realta’ Bonaparte, come precedentemente il Direttorio, era deciso ad annetterlo.

Il decreto consolare del 22 germinale anno IX (12 aprile 1801), predatati al 12 grmaniale (2 aprile) per non far sembrare che questa annessione fosse collegata alla morte dello zar Paolo I, faceva del territorio piemontese una divisione militare il cui quartier generale era posto a Torino, sotto il comando del generale JOURDAN.

Il Piemonte era suddiviso in 6 dipartimenti: la Dora (Ivrea), Marengo (Alessandria), l’Eridano (Torino, allora popolata da 80.000 abitanti), la Sesia (Vercelli), la Stura (Cuneo) e il Tanaro (Asti). Chaptal si affrettò a costituire consigli di prefettura, di dipartimento e di circoscrizione.

Il 10 messidoro anno X (29 giugno 1802) un decreto consolare concedeva una amnistia generale per tutti i delitti politici e gli emigrati venivano invitati a rientrare prima del I° vendemmiaio anno XI. Infine con un senato-consulto proclamato dai consoli il 28 fruttidoro anno X (15 settembre 1802) i sei dipartimenti venivano “…………riuniti al territorio della Repubblica Francese”.

A capo del Dipartimento della Dora venne posto GANDOLFO, professore di diritto a Torino.

A capo dell’Eridano FERDINAND DELA VILLE, anziano gentiluomo di Camera del Re di Sardegna.

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I dipartimenti francesi in Italia nel 1810

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I dipartimenti del Regno Italico nel 1810

 Anche la Repubblica Cisalpina (poi Repubblica Italiana e quindi Regno d'Italia) venne organizzata in dipartimenti:

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Le Battaglie

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Battaglia di Castiglione e combattimento di Peschiera

Peschiera

Bonaparte, forte delle sue conquiste, minaccia l'Austria, la quale, nel luglio 1796, si mobilita in Tirolo organizzando la propria controffensiva.

A capo degli austriaci come generale c'è il conte Wurmser che, dal 26 al 30 luglio, dà inizio alla manovra chiamata "la tenaglia di Wurmser": un attacco concentrico da una parte all'altra del lago di Garda. Wurmser, posizionato al centro dello scacchiere, attacca l'esercito francese con la sua ala destra (comandata da Melas) lungo le pendici del Monte Baldo, appoggiato al centro, lungo la riva destra dell'Adige, da un'altra divisione comandata da Davidovitch.

L'esercito francese dapprima si ritira dalla valle dell'Adige, concentrandosi poi nella "zona Campara" (Pastrengo), successivamente, si riversa a sud del lago di Garda lasciando 500 uomini agli ordini del comandante francese Guillamme in difesa di Peschiera assediata ed investita dalle truppe austriache del generale Bayalich.

I francesi comandati da Massèna, nonostante la vittoria conseguita a Salò e Lonato contro le armate austriache comandate dal generale Quasdanovitch, simulano una ritirata: così facendo traggono in inganno il generale Wurmser, il quale, caduto nella trappola ed attaccato da più parti (battaglia di Castiglione), è costretto ad una ritirata verso il Mincio.

Massèna, rinforzato l'esercito, muove le proprie truppe in sostegno della roccaforte di Peschiera. Così facendo Bayalich trovandosi schiacciato nella morsa francese, è costretto alla ritirata verso Castelnuovo.

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Il passaggio del Gran San Bernardo

San Bernardo

Ex ufficiale dell'artiglieria, Napoleone dedicò a quest'arma particolari attenzioni, dotando ogni divisione di 8 -12 pezzi ed introducendo l'uso del "fuoco di massa", che consisteva nel martellare il nemico con batterie di cento e più cannoni. A lui si deve inoltre l'accresciuta mobilità dell'artiglieria, che non veniva più piazzata in posizione fissa ma accompagnava l'avanzata della fanteria negli attacchi.

I cannoni della Grande Armata erano pressoché gli stessi messi a punto da Jean-Baptiste de Gribeauval, un ingegnere francese che, attorno al 1760, aveva rinnovato l'artiglieria distinguendo tra l'altro tra cannoni da campo e da fortezza. Si trattava dunque di armi sostanzialmente invecchiate, che dopo il 1805 avrebbero segnato il passo rispetto a quelle avversarie.

Durante le marce di trasferimento, i pezzi dell'artiglieria napoleonica venivano trainati da cavalli o montati su carri e trasportati lungo percorsi spesso predisposti anticipatamente.

Fece eccezione il passaggio del Gran San Bernardo, nella seconda campagna d'Italia, quando i cannoni vennero spinti lungo il passaggio dai soldati dentro tronchi scavati che facevano da slitta, e sopra un "letto" di paglia e di letame.

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Marengo

Passato il Gran San Bernardo, Aosta, Bard ed Ivrea,... il 14 Giugno arriva a Marengo!

La "Battaglia di Marengo" é forse la più celebre battaglia di Napoleone: per il valore "politico" che ebbe questa vittoria. Con essa Bonaparte consolidò il suo recente potere, acquisito con il colpo di stato del 18 brumaio 1799 e riconquistò il dominio dell' Italia. Un successo provvidenziale dopo la pressoché fallimentare campagna d' Egitto. Il suo successo fu un trionfo a Parigi dove Napoleone venne accolto come un eroe, quando rientrò, il 2 luglio.

L' inizio della giornata del 14 giugno 1800 vide le truppe dei due eserciti, il francese e l'austriaco, così schierate:

gli austriaci al comando del generale Melas tra Alessandria e il fiume Bormida;

i francesi al comando di Bonaparte sulla strada Alessandria-Marengo-Tortona.

Gli austriaci avanzarono verso Marengo superando il fiume e marciando su tre colonne, al centro quella comandata da Melas, a destra quella di O' Reilly, a sinistra quella del Gen. Ott, quest' ultima con il compito di puntare su Castelceriolo.

Intorno alle 9 del mattino avvenne il primo contatto tra gli eserciti: i francesi investiti dall'impeto del nemico dovettero retrocedere dalle posizioni presso le cascine Pederbona e Stortigliona, ma si attestarono a difesa di Marengo a margine di un piccolo rio, il Fontanone, che era pieno d' acqua per le recenti piogge. Su questa barriera si infranse lo sforzo austriaco.

Gli uomini di Melas solo dopo sforzi notevoli e con forti perdite riuscirono a vincere la resistenza francese ma solo a fine mattinata. Intanto il generale austriaco Ott stava per conquistare Castelceriolo, tagliando fuori la destra dello schieramento francese al comando del generale Lannes. Napoleone si rese conto del pericolo e ordinò a tutte le truppe di dirigersi verso Marengo. Desaix, che era stato inviato in direzione di Rivalta, fu avvertito di tornare da un messaggero inviato da Bonaparte e quindi poté arrivare solo nel tardo pomeriggio. Intanto le divisioni francesi del generale Victor, schierate sulla sinistra dello schieramento francese, dovettero cedere e solo l' impiego della guardia consolare impedì, a Castelceriolo, che tutto il fronte crollasse. Facendo perno su quel punto di resistenza i francesi si ritirarono verso Castelceriolo intorno alle ore 15. Tutto sembrava indicare che gli austriaci avevano ormai vinto tanto che il generale Melas tornò ad Alessandria e un messaggero fu spedito a Vienna a portare la "buona novella".

Ma la battaglia vera doveva ancora incominciare!

Il ritorno di Desaix coincise con un rinnovato vigore dei francesi che investirono con l'artiglieria le truppe austriache che li inseguivano scompigliandole. Decisiva in questa fase una carica di cavalleria comandata dal generale Kellermann. Le sorti dello scontro furono completamente rovesciate e gli austriaci iniziarono la rotta disastrosa verso Alessandria. In questa fase perse la vita il generale Desaix, considerato da molti il vero eroe della battaglia di Marengo.

Napoleone aveva vinto e con la firma della convenzione di Alessandria, due giorni dopo, gli austriaci cedevano ai francesi Piemonte, Lombardia, Liguria e si ritiravano dietro la linea del Mincio.

Il generale Berthier consegna a Napoleone la convenzione di Alessandria, firmata dal Melas, il giorno dopo la battaglia di Marengo.

Il 17 giugno Bonaparte ritornava a Milano.

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Austerlitz 2/12/1805

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Bailen 20/07/1806

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La Coruña 16/01/1809

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Borodino 07/09/1812

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